La conflittualità familiare, come intuitivamente comprensibile, può causare gravi danni ai figli, soprattutto se ne sono diretti testimoni; in particolare, quando essa è parte della quotidianità, viene definita “violenza assistita”.
Il coinvolgimento dei figli in queste situazioni è inevitabile: assistere ad atti ad elevato impatto emotivo negativo se non addirittura a veri e propri atti di violenza da parte delle proprie figure di attaccamento può avere effetti devastanti. Dobbiamo ricordare che la capacità di formarsi opinioni significative riguardo a sé stessi, alle relazioni, al mondo e al futuro, si basa sull’apprendimento e sui vissuti emotivi trascorsi durante l’età evolutiva. Gli effetti della “violenza assistita” possono spaziare da insicurezza, bassa autostima, senso di colpa, percezione interna di svalutazione, calo del rendimento scolastico, deterioramento del funzionamento intellettivo ed emozionale, compromissione dell’immagine di Sé, e, addirittura, veri e propri danni al sistema nervoso.
Recentemente il concetto di “cervello sociale” è stato proposto come modello unificato riguardo a come l’ambiente plasmi lo sviluppo cerebrale (e l’espressione genetica) non a caso la ricerca sul ruolo dell’ambiente familiare nella genesi e nel trattamento delle patologie ha assunto sempre maggiore importanza.
Assistere per lunghi periodi a litigi e rivendicazioni troppo spesso condanna a vulnerabilità psicologica: non è possibile trascurare questo aspetto quando si vive o ci si occupa di conflittualità familiari.