Decadenza

del genitore

Ai sensi dell’art. 330 c.c. si prevede che il giudice può pronunziare la decadenza dalla responsabilità genitoriale quando il genitore viola o trascura i doveri ad essa inerenti o abusa dei relativi poteri con grave pregiudizio del figlio.

In tale caso, per gravi motivi, il giudice può ordinare l’allontanamento del figlio dalla residenza familiare ovvero l’allontanamento del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore.

La norma sanziona le ipotesi in cui i genitori non esercitino la responsabilità sui figli in modo conforme alle intenzioni del legislatore e in particolare al principio di realizzazione degli interessi dei figli; pertanto la decadenza non è che la logica conseguenza dell’esercizio distorto dei poteri che essa conferisce.

La previsione dell’art. 330 c.c. trova il suo fondamento nel diritto del minore a crescere, essere amato, educato ed istruito, nonchè mantenuto, ricevendo altresì le cure e le attenzioni dai propri genitori.

La dichiarazione di decadenza della potestà non comporta tuttavia l’interruzione automatica dei rapporti con il genitore dichiarato decaduto, in quanto, l’accertata incapacità di assumere decisioni a favore del figlio, non esclude l’esistenza di sentimenti di affetto validi e sinceri nei confronti dei figli, che possono rappresentare una valida risorsa in favore della prole.


Il genitore decaduto dovrà pertanto sottostare alle indicazioni del giudice minorile o dell’altro genitore, avendo perduto la libertà delle decisioni e dei tempi di frequentazione del figlio; inoltre il suo comportamento sarà in ogni caso soggetto a controllo.

Casi di decadenza:

  • art. 147 c.c.: diritto dei figli al mantenimento, istruzione, educazione;
  • art. 570 c.p. : sottrazione del genitore all’obbligo di assistenza e mantenimento;
  • art. 591 c.p.: abbandono;
  • oppure allorquando un genitore abusi dei relativi poteri (artt. 320, 324 c.c.; artt. 571 e 572 cp) arrecando grave pregiudizio al figlio. Tale pregiudizio potrà essere morale o materiale e non solo di natura patrimoniale;
  • comportamenti violenti e minacciosi nei confronti del coniuge e dei figli, ovvero nei confronti del solo coniuge, quando siano tali da alterare l’atmosfera familiare nel suo complesso;
  • incapacità di capire i bisogni del figlio e coartazione psicologica, in spregio dell’opera di sensibilizzazione dei servizi sociali;
  • rifiuto di far sottoporre il figlio ad interventi medici necessari per la salute (vaccinazioni, trasfusioni);
  • affidamento del figlio, poco dopo la nascita, a persone sconosciute per farlo adottare, con conseguente elisione di ogni rapporto con queste ultime ( T. min. Roma 7.4.1977).